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giovedì 22 ottobre 2009

Padre Ermolao Portella scrive dalla Colombia


Sull'incresciosa vicenda della costruzione del Palazzo Aterp nel cortile della Chiesa di Serra Spiga a Cosenza

Messaggio di solidarietà al Parroco di Serra spiga da parte del missionario ardorino in Colombia
Padre Portella scrive dalla Colombia alla comunità di San Giuseppe
La parola di un galantuomo é un'obbligazione

Carissimo padre Celeste,
l’eco della sofferenza, che stai vivendo insieme alla tua comunità parrocchiale di San Giuseppe a Serra Spiga, è giunta anche a me.
Tu, in quanto parroco, non puoi non stare con il tuo popolo e desiderare e difendere quello che egli desidera e difende perché, oggettivamente, si tratta di un bene. Anche se sto tanto lontano, in questo cantuccio della Cordigliera delle Ande colombiane, la vostra sofferenza è anche la mia sofferenza. I miei otto anni di lavoro pastorale (1983-1991), insieme a padre Giorno, per costruire la Chiesa di pietre vive, in continuità con il lavoro dei parroci nostri predecessori, don Peppino Pugliese e don Sante Canonaco e, poi il mio lavoro, non solo amministrativo ma anche manuale, per costruire chiesa, edificio sacro e casa comune, non si possono cancellare dalla mia mente e dal mio cuore.
Ogni promessa è debito
Ora mi duole immensamente che questo tuo e mio popolo debba soffrire e veder frustrate tante altre speranze e tanti altri sogni, quali quelli di poter usufruire di spazi indispensabili per altre strutture perché la parrocchia di San Giuseppe possa compiere la sua missione, che è religiosa ma è anche sociale. In questi giorni mi martellano nella mente le parole: Promissio boni viri est obligatio (La promessa di un galantuomo è un’obbligazione).
Parole antiche di pagani, che, però, credevano nella dirittura morale e nella dignità di uomini fedeli alla parola data, fino ad essere capaci di ritornare a Cartagine, per rimanere fedeli a una promessa, pur sapendo che li aspettava la morte in una botte irta di chiodi. Ora mi sento ferito e tradito anche io, al sapere che l’Amministrazione comunale di Cosenza si è rimangiata la sua promessa formale, firmata e sottoscritta, e si è affrettata a stornare quel pezzo di terreno per altri fini, mettendo parroco e cittadini-parrocchiani di fronte al fatto compiuto.
Non sono competente di amministrazione comunale per sapere se è meglio incrementare la formula di città dormitorio-formicaio, o di città umana sostenibile che tiene respiro, per gli occhi e per il cuore e per la socializzazione e per lo spirito.
Non è da galantuomini promettere qualcosa – sia pure un’estrema appendice di terreno scosceso, – che, nell’estate del 1983, induce il parroco reggente, don Franco Maio, a spendere 25 milioni (tutto quello che la parrocchia aveva raggranellato, mendicandolo, dalle tasche del popolo cosentino di San Vito e Serra Spiga) per spianarne solo un pezzettino. Non è da galantuomini promettere qualcosa che induce un vescovo, mons. Enea Selis, a piantarvi una parrocchia, e mette in moto quattro sacerdoti e un popolo a investirvi sogni e soldi. Proprio mons. Selis diceva: «Per fare una parrocchia è necessaria anche una Chiesa». E intendeva dire che la Chiesa, da sola, non è sufficiente per la vita e la vitalità di una parrocchia, si richiedono spazi, salette e saloni, luoghi di aggregazione, e non solo per i bambini del catechismo. La società, specialmente la cosentina di San Vito Alto e Serra Spiga, ha bisogno che il catechismo continui ad alimentare giovani, adulti, anziani. E questo può farlo solo se tiene spazi e strutture adeguate.
Ricordo che Enzo Biagi, con l’onestà intellettuale di galantuomo, affermò: «L’Italia deve ricominciare dal catechismo». Questo dovrebbe far riflettere qualsiasi amministratore italiano, prima di fare qualsiasi scelta, e trattenerlo dal fare marcia indietro di fronte a una promessa decisa, a suo tempo, per il bene dei cittadini italiani di San Vito e Serra Spiga.
Certamente, un sindaco, o un vicesindaco, non è obbligato ad andare a vedere, ma almeno è obbligato ad immaginarlo, questo sì, il valore e il merito di aggregazione sociale che costituisce una parrocchia. Specialmente quella di San Giuseppe, nata nel cuore del mitico San Vito Alto!...
La parrocchia
luogo di aggregazione giovanile
Forse in questo abbiamo peccato noi, ho peccato anche io, a non invitarlo quando tanti giovani, ogni sera, si radunavano davanti alla porta della nostra Chiesa accolti da padre Giorno, invece di andare ad affollare piazza Kennedy o i crocicchi di San Vito Alto... Quando passavano nottate intere, nell’unico angusto salone, preparando opere di teatro, ma soprattutto imparando a essere cristiani e cittadini galantuomini. Quando le Suore di Maria Bambina, appoggiate unicamente alla parrocchia, avvicinavano (e avvicinano) una per una le famiglie (e i giovani) a rischio e le più povere di San Vito.
L’ideologia laicista ama respingere e rinchiudere i cattolici nelle chiese e nelle sacrestie, ignorare la benefica ricaduta sociale della religione e, pragmaticamente, macchinare virate nuove senza preoccuparsi del passato e del futuro. Il grande papa Giovanni Paolo II metteva in guardia dal costruire un’Europa dei mercanti. Se ritornasse a Cosenza, come esattamente 25 anni fa, avrebbe motivo per mettere ugualmente in guardia anche il Municipio di Cosenza. Pur da tanto lontano mi rendo conto che le radici cristiane dell’Europa, e la loro presenza benefica nel tessuto sociale, non si vogliono ignorare ed emarginare solo a Bruxelles, nel Parlamento europeo. Gli uomini della giunta comunale di Cosenza possono sentirsi soddisfatti: sono perfettamente europei.
Digli che non abbiano paura. Una parrocchia cattolica non è un contraltare, è un’alleata, sincera e popolare, tanto intrinsecamente popolare
Padre Portella dalla Colombia
scrive alla comunità di San Giuseppe
LA PROMESSA DI UN GALANTUOMO È UN’OBBLIGAZIONE
Sull’incresciosa vicenda della costruzione del palazzo Aterp nel cortile della Chiesa di Serra Spiga
a favore del popolo, che a nessuna persona dotata di onestà intellettuale può venire in mente di imbavagliare ed emarginare.
Negli anni ’30 qualcuno ebbe questa paura e ordinò lo scioglimento di tutte le associazioni giovanili cattoliche perché rimanesse solo la sua, con una cecità ed arroganza macroscopiche che strapparono a Pio XI l’enciclica Non abbiamo bisogno. Predicalo dall’altare: che anziché soffocarla, appoggino la parrocchia di San Giuseppe, le permettano di tenere spazi per riempirli dei giovani di San Vito, e così si svuoterà il carcere di via Popilia.
La coppola di Jugale
Caro padre Celeste,
ironicamente però amaramente, anche sulla Cordillera delle Ande mi viene in mente l’immagine della famosa coppola di Jugale e mi vado domandando, se gli attuali amministratori sono alunni di quegli antichi galantuomini pagani o sono alunni di Jugale, dal momento che promettono un mantello a una parrocchia popolare e poi la lasciano solo con una coppola.
Mi è parsa davvero machiavellica la risposta del vicesindaco, quando ha giustificato il tutto dicendo che la promessa (legale) del pezzo di terra in questione era stata fatta da un’altra amministrazione e non dalla sua. E dove sta la continui-tà dell’organismo comunale? Una simile filosofia che garanzia, che affidamento di serietà e di continuità può offrire ai cittadini, se non si sente solidale e obbligata alla continuità nel rispetto del diritto e degli obblighi precedentemente assunti o promessi dallo stesso organismo?
Un’Amminitrazione comunale non è un’entità astratta evanescente, è un corpo giuridico di galantuomini eletti, boni viri, che costituiscono una persona giuridica, come se fosse un solo uomo per il quale, se è galantuomo, la promisio boni viri est, e deve essere, obligatio.
Il cancellare con un colpo di spugna ciò che è stato anche solo promesso, però formalmente, legittimamente e validamente, da un’amministrazione precedente, è arbitrio o cinismo politico. Ho sempre creduto che la politica è e deve essere servizio coerente e continuativo alla polis e non arbitrio.
Che fiducia potranno riporre gli elettori nel politico, candidato di turno, se lo vedono aggrappato a questa filosofia?
Un danno arrecato
Qui non sono in condizioni di consultare alcun manuale di diritto, però sospetto che ci avviciniamo alla figura giuridica di un danno arrecato.
Quando una promessa formale porta a investire in persone e mezzi economici, finalizzati a un progetto realizzabile solo nel persistere delle possibilità che essa offriva fin dal principio, chi paga il danno se l’oggetto di quella promessa viene negato e il progetto non si può più realizzare?
È solo una domanda che mi pongo, legittima e doverosa, perché non si impegna una Congregazione religiosa (dal 16 ottobre 1983), né si spendono i soldi offerti e raccolti dalla povera gente (e questo mi brucia perché questi soldi sono passati dalle mie mani) per finire con il rimanere chiusi in un guscio di noce. Il progetto, che vedo in pericolo e dimezzato, stava nelle citate parole di mons. Selis «per fare una parrocchia è necessaria anche una Chiesa».
Il danno arrecato è che la parrocchia rimanga solo con la Chiesa e nient’altro. Io, da tanto lontano, non so se questo danno è maturato per motivi ideologici o economici, però so che è riuscito a rinchiudere nella chiesa e nella sacrestia una comunità parrocchiale.
Il laicismo ha trionfato
Addio piccoli spazi aperti e sale per aule di catechismo, per riunioni, per gruppi ecclesiali parrocchiali vari, per ritrovo di anziani, che, sognando, vedevo adagiate sulla scarpata di Serra Spiga nuova, in armonia con il paesaggio e a pochi passi dal tempio, così da integrare e far interagire carità-parola-liturgía. Mi auguro che l’Amministrazione comunale di Cosenza non sia un’amministrazione tanto seria che non sia capace di ritornare sulle sue ultime discusse decisioni, e tolga dall’angustia tanti cittadini.
Diritto di prelazione
Inoltre, pensando, come mi è parso di capire, che tu, parroco legale rappresentante della parrocchia, sei stato informato della cosa solo post factum, mi viene il dubbio se l’Amministrazione comunale sia passata allegramente sopra il diritto di prelazione. Prelazione, che gli antichi galantuomini pagani definivano con: melior est conditio possidentis.
Dal momento che la parrocchia di San Giuseppe occupava legittimamente il terreno in questione, mi domando se, prima, l’Amministrazione comunale ha comunicato al parroco, legale rappresentante, lui solo e non altri, la sottrazione di questo terreno. Se non lo avesse fatto parrebbe una strana strategica dimenticanza.
Caro padre Celeste,
spero che questa lettera sia solo uno sfogo mio personale di quello che mi ha angustiato in questi giorni, angustia maggiore quanto maggiore è la mia lontananza, perché spero e auguro che tutti i timori e le preoccupazioni, nel frattempo, siano stati già superati dal senso di onore dei boni viri eletti per amministrare Cosenza, e che ancora, come venticinque anni fa, io, anche se da lontano, possa continuare a credere nella trasparenza delle loro scelte e nella loro capacità di riconoscere nella parrocchia un’alleata nel cercare il bene comune, profondo e duraturo, un’alleata a fianco della quale camminare, lasciandosi contagiare dal suo stesso disinteresse nel servizio dei parrocchiani che sono contemporaneamente cittadini di Cosenza. Insieme a tutti loro ti saluto e ti abbraccio con affetto, e mando gli auguri per domani, XXVI anniversario dell’arrivo di noi Missionari Ardorini nella comunità parrocchiale di San Giuseppe, precisamente il 16 ottobre 1983.
Padre Ermolao Portella
missionario ardorino in Colombia
Garzón, 15 ottobre 2009
La rassegna stampa
e le interviste televisive
sono disponibili al seguente indirizzo internet:
http://cittadininonsudditi.blogspot.com
inoltre su facebook è attivo
un gruppo «Campetto
e cortile della Chiesa
di San Giuseppe a Serra Spiga non si toccano».

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